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Siamo tutti nella casa del Grande Fratello

C’erano una volta i pittori impressionisti che fissavano sulla tela un attimo, un’impressione, trasformando la realtà in un’intramontabile opera d’arte.

Cè oggi un esercito di reporter, cameraman, registi “fa-da-te”, che immortalano incidenti, guerre, esplosioni, eventi atmosferici e sismici devastanti, rapine… in una parola: tutto. Sono individui che fissano sul telefono o sulla telecamera del proprio tablet ogni aspetto della realtà e lo rendono intramontabile sul web.

Se a questo battaglione si aggiungono schiere di telecamere a circuito chiuso che filmano, automaticamente e indistintamente, tutto quello che sta loro intorno, dagli agguati di mafia, alle rapine e ai borseggi, dai semplici passaggi di autovetture, agli ignari pedoni che camminano sulla strada, allora mi domando: viviamo in una realtà in cui la sfera privata, intima, personale o, legalmente parlando, la tanto sbandierata privacy, esistono ancora oppure siamo veramente tutti concorrenti, più o meno consapevoli, di una “mega” edizione del Grande Fratello?

Una risposta certa a questo quesito, sinceramente, non riesco a formularla, ma posso concordare con la tesi di alcuni blogger, secondo i quali sempre più scrittori di fantascienza, in realtà erano dei preveggenti… (in www.corriere.itdel 03/04/2007 – Alessandra Carboni). E George Orwell fa scuola con le sue intuizioni divenute poi realtà.

Consideriamo le telecamere, cosiddette, di video-sorveglianza. Esse si trovano praticamente ovunque: edifici pubblici e privati, luoghi commerciali, strade (spesso usate per controllare il traffico e, ancora più spesso, per comminare sanzioni), nei parcheggi e tanto altro.

Questi strumenti hanno avuto ruoli chiave nella risoluzione di casi giudiziari. Note sono le riprese di una finta-rapina, in quanto si trattava di un regolamento di conti tra spacciatori di droga, avvenuta lo scorso mese di ottobre, in un quartiere popolare di Roma, e finita con l’uccisione di un ragazzo, considerato quasi il “terzo in comodo” o, sempre nella capitale, l’impatto terribile tra un auto e due ragazzine che stavano attraversando la strada, provocando la morte delle due minorenni.

Questi “occhi” famelici e spietati, trasformati, loro malgrado, in involontari testimoni oculari, hanno dato la possibilità di risalire, in entrambi i casi, di risalire ai colpevoli e assicurarli così alla giustizia. O, ancora, il caso della telecamera per il controllo del traffico autostradale che ha filmato il crollo del ponte Morandi a Genova nel 2018, provocando la morte di circa quaranta persone.

Parliamo, in questi casi, di quelle che si possono definire “telecamere amiche”.

Se da una parte, questi mezzi hanno dato un contributo positivo alla società, dall’altra ci troviamo costantemente “spiati” da telecamere per così dire “nemiche”. Penso ad esempio ai famigerati T-Red (da T-Rex, il dinosauro killer del film Jurassic Park) che fanno stragi di multe e, in alcuni casi, si poi scoperto essere illegali, nei confronti degli ignari automobilisti.

Ma se crediamo che il fenomeno degli occhi meccanici che vedono e, soprattutto, registrano ogni cosa sia legato alle sole telecamere fisse, ci sbagliamo di grosso.

Mi riferisco in particolare a quelle n-persone che, grazie alla convergenza tecnologica resa possibile dai sistemi digitali, hanno avuto la possibilità di trasformarsi in possibili cameraman, registi e, tutto sommato, editori di una quantità enorme di contenuti.

Sarebbero innumerevoli gli esempi possibili: dal crollo delle Twin Towers di New York l’11 settembre 2001, allo scoppio di una parte della linea produttiva della raffineria ENI di Sannazzaro de’ Burgundi (PV) di qualche anno fa, ai bombardamenti e alle violenze perpetrati da regimi militari in molteplici parti del mondo (Siria e Yemen solo per citarne alcuni).

Oltre a questi grandi eventi, abbiamo poi tutta una serie di video che immortalano situazioni più diverse e imbarazzanti:dal professore che fuma in classe, ai due ragazzini che fanno sesso col cellulare in classe o gli stupri di gruppo ripresi col telefonini e postati sui social network. Senza dimenticare tutti i casi di foto intime utilizzate come forme di ricatto (fenomeno del sexting), che purtroppo hanno portato anche a casi di suicidio da parte di ragazze vittime di questo folle gioco.

In ogni caso, elemento comune a tutte queste registrazioni è il fatto che, come è estremamente semplice registrare l’evento, è altrettanto semplice trasferirli sul web, rendendoli di dominio pubblico.

ora, però, il discorso si divide. Nel caso dei “grandi eventi” il metterli sulla rete potrebbe essere una forma di testimonianza di un fatto reale che è doveroso che tutti conoscano: mi vengono in mente alcuni casi di rivolte represse nel sangue (come alcuni pestaggi avvenuti ad Hong Kong nei mesi scorsi) e che solo grazie ai video girati con i telefoni e caricati su siti come YouTube o social network, come Instagram Facebook, il mondo dell’informazione ha potuto constatare cosa realmente stava accadendo.

All’opposto, per tutti gli altri video posti su internet la situazione si complica ulteriormente: sono noti i casi di video girati e poi pubblicati come forma di ripicca/ricatto. Anche se non sono né sociologa, né psicologa, né antropologa della società, credo che tali video vengano pubblicati sul web come forma di auto-affermazione, di forza, di importanza da parte di giovani o di individui cresciuti con falsi valori o disvalori tali da condurli a compiere atti estremamente negativi.

Dunque: “Il Grande Fratello vi guarda – scriveva Orwell nel 1948, in “1984”, immaginando una società governata da un unico partito guidato dal Big Brother, capo supremo in grado di monitorare e spiare costantemente la vita di ogni singolo individuo. E oggi a circa sessant’anni dalla pubblicazione del suo romanzo, l’incubo dello scrittore inglese è divenuto realtà (in www.corriere.it del 03/04/2007 – Alessandra Carboni). Tutto oggi è oggetto di ripresa, di registrazione, di pubblicazione.

Molte sono le problematiche a livello legale che sorgono in tema alla privacy, tanto da poter affermare che sembra essersi affermata la profezia pronunciata dallo stesso Orwell.

E noi? Cominciamo ad iscriversi alla prossima edizione del GF, anche senza sostenere i provini: tanto è sufficiente camminare per strada per essere esaminato e sentirsi dire “Ti faremo sapere!”

Articolo di Silvia Vallè