Il messaggio del Vescovo Maurizio per l’Avvento 2020
Con la prima domenica di Avvento, il 29 novembre, incomincia il nuovo anno liturgico. Ci accompagnerà l’evangelista Marco nelle letture domenicali. Marco ci invita a cercare il mistero che si cela e insieme si manifesta in Gesù. Chi è veramente colui che, nel suo nome stesso, annuncia che Dio salva? Questa salvezza ci costringe a rivedere noi stessi, per capire chi siamo veramente noi stessi che ci rivolgiamo a lui. Incontrare Gesù significa certamente la nostra conversione, altrimenti egli non salva.
Le linee pastorali annunciate per il nuovo anno pastorale hanno come titolo: “Ripartire”. Sono state scritte nel periodo estivo, quando l’evoluzione della pandemia lasciava sperare un’attenuazione dell’emergenza. La situazione sanitaria e sociale è di nuovo piombata nel vortice del dramma e le prospettive sembrano essere di dolore e di difficoltà, di incertezza e di paura, ma anche di rabbia e di risentimento. L’invito a rileggere con sapienza e con spiritualità l’esperienza vissuta nel periodo invernale vale allora ancora di più per capire il periodo attuale, senza lasciarci travolgere da sentimenti e atteggiamenti distruttivi.
L’appello alla vigilanza attraversa tutto il periodo dell’Avvento. L’immagine ricorrente è che questa vigilanza deve preparare a essere pronti quando il Signore viene, sapendo che egli viene come il ladro di notte, quando meno te l’aspetti. E, quando viene, sarà come una disgrazia e un’emergenza: occorre darsi da fare per salvare la pelle, anche rinunciando a ciò che, pur caro, non è essenziale.
Questo appello cade oggi su un animo segnato da un’altra sensazione che brucia dentro. Accade come quando si è superata una situazione di grave rischio e pericolo e finalmente si intravede la fine del viaggio e il superamento della prova. La speranza è forte e la prospettiva di riuscita sicura. Tutto sembra che ormai sia facile e che si possa agire con tranquillità. Invece i rischi e i pericoli ci sono ancora. Proprio perché affrontati in uno stato d’animo non disposto al peggio, i dolori e le fatiche diventano insopportabili, perché ritenuti assurdi. E’ come quando si studiava la storia della seconda guerra mondiale. Dopo il D day, 6 giugno 1944, lo studente ritiene che la vittoria dell’estate 1945 sia poco più che un dettaglio. Invece quanti morti, quante tragedie, quante paure ci sono ancora stati! Pensando a queste cose si ha la sensazione che siano stati morti inutili… Ma restano pesantemente morti: le Ardenne, Stalingrado e Hiroshima insegnano.
Occorre ancora maggiore determinazione e ancora più coraggio, perché la lotta resta grande e difficile. Ancora di più l’esortazione a rileggere nello spirito della trasfigurazione e della conversione la nostra vita presente ci trovi pronti e coraggiosi anche per cambiamenti radicali. Siamo arrivati a un punto di non ritorno nella nostra vita pastorale ed ecclesiale. La dimensione testimoniale e il coraggio del carisma devono diventare l’atteggiamento che anima la nostra vita e la nostra azione.
Occorre allora concentrarci sempre più sul mistero di Gesù salvatore, mettere in lui la nostra speranza e condividere con lui l’amore del Padre come forza di vita. Con questa certezza possiamo concentrarci sulla ricerca della perla preziosa non come prestazione da ottenere, ma come dono da chiedere, offrire e condividere. Con la sapienza del Signore possiamo rileggere le nostre convinzioni e abitudini per riconoscere tante cose inutili e forse dannose cui eravamo tanto attaccati per aprirci al futuro con speranza.
Il bene che scaturirà da questo travaglio sarà appunto come la nascita di un bambino e non come l’accoglienza di un premio o di un attestato di merito, ossia come l’inizio di una nuova e avvincente storia, tanto attesa quanto imprevedibile.
Questo sia l’augurio per questo avvento e per il Natale di quest’anno. Che sarà di questo bambino? Maria contemplava suo figlio meditando nel suo cuore ciò che si diceva di lui.
Buon Avvento e buon Natale a tutti.
+ Maurizio